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Nero paradiso: il secondo atteso romanzo di Andrea Esposito

Potere, autorità, identità e manipolazione nella prosa dello scrittore foriano Andrea Esposito

Se è vero che di ogni libro è possibile risalire al suo doppio, a un altro libro che si colloca su un piano parallelo rispetto al testo scritto, allora il secondo romanzo di Andrea Esposito, Nero Paradiso (Graus Editore, 2012), mostra forti elementi di continuità rispetto all’esordio de Il Paese nasconde.

Il punto di partenza è che l’autore scrive noir di ottima fattura, con molto ritmo e pieni di colpi di scena, ma ancor di più conduce una lunga e articolata riflessione sul «potere» e sulle forme in cui si manifesta. Si spiega così la predilezione di Esposito per i boati di folla, per quel lento brusio del popolo che sale fino a diventare «acclamazione».

Chi ha letto Il Paese nasconde sicuramente ricorderà che il romanzo si chiude con un’appassionata descrizione della Corsa dell’Angelo - la processione che si svolge la domenica di Pasqua per le vie del centro di Forio - e che in quel caso l’immensa folla scoppiava in un boato di gioia all’atto del ricongiungimento della Madonna con il Figlio Risorto.

Alleluia!

In Nero Paradiso, l’acclamazione di popolo è invece riservata, sempre sul finire del racconto, all’arrivo in tribunale a Salerno dell’avvocato Vittorio Costanzo, il “sindaco-non più sindaco-ma pur sempre sindaco” di Costa Paradiso, paesino turistico del Cilento dove si muovono e vivono quasi tutti i protagonisti dell’intricata trama. Un ragazzino corre veloce tra due ali di folla annunciando la venuta dell’avvocato, scortato da due moto della Polizia Municipale di Costa in trasferta fino a Salerno.

'U Sindaco! 'U Sindaco!

I due racconti hanno diversi punti di contatto, tanto che sorge il dubbio che Esposito abbia deliberatamente inserito il secondo perchè si potesse fare più facilmente il raffronto col primo.

La traccia è che a Ischia, nel Cilento, al Sud, la politica sia un surrogato della religione senza uno spazio autonomo per le istituzioni, come testimonia il siparietto dei vigili urbani di scorta a un uomo che in quel momento non ricopre nessuna carica pubblica. Anche l’affresco delicato del bambino che corre tra la folla suggerisce l’analogia con l’angelo che annuncia la resurrezione. Lo Stato non c’è, o meglio c’è un deficit di razionalità pubblica colmato soltanto dall’UCS, l’unità dei crimini seriali guidata dai commissari Ranieri e Senese che si occupano, tanto nel primo che nel secondo romanzo, di risolvere i casi di omicidio.

L’altro tema dirimente è quello dell’«identità». Ne Il Paese nasconde, Andrea Esposito aveva dato voce al sentimento xenofobo di Ottava Torre, un gruppo di cittadini di Forio autoproclamatosi custode dei valori tradizionali della comunità contro i rischi sociali dell’immigrazione.

In Nero Paradiso, il razzismo, che è l’approdo ultimo e inevitabile di qualsiasi ripiegamento identitario, torna come vero e proprio "leit motiv". Lo incontriamo, all’inizio del romanzo, nella folle pulizia etnica perpretata dai serbi nella ex Jugoslavia. Nello stupro, a Costa Paradiso, di una giovane ragazza di colore che “in fondo se l’è cercata”. Soprattutto, nel confronto-scontro tra l’identità contadina di Rocca Montebuono, il paese in collina, e Costa Paradiso, la località turistica a valle.

E qui sta uno dei meriti maggiori di Esposito: aver reso plasticamente la tensione tra il rischio di isolamento - da cui scaturisce la metafora della collina, l’evocazione di ciò che sta in alto (per analogia anche di ciò che è circondato dal mare) - e la ricerca dell’alterità, finanche dell’«alterazione», di cui ha bisogno invece per prosperare una località che vive di turismo.


Chi conosce un pò la storia politica e sociale dell’isola d’Ischia non avrà fatica a trasferire i termini del discorso - la dialettica tra identità e alterità - per rappresentare il passaggio tumultuoso da un’economia prevalentemente agricola all’avvento del turismo di massa.

La scelta poi di far muovere il serial-killer a valle, a Costa Paradiso, rivela anche la poetica dell’autore. La consapevolezza che il male è in mezzo a «noi», sia cioè un dato relazionale ineliminabile, non giustifica la «reazione» di chi vorrebbe sfuggirlo rifugiandosi in un «altrove» incontaminato e, tra l’altro, solo immaginato. Tanto più che la rivendicazione della purezza delle origini, declinata sia in ambito familiare che sociale, lascia poi che sia la televisione - come fa chiaramente intendere Esposito - l’unico «altro» in grado di ibridare e corrompere gli individui, con esiti tragici e grotteschi, come nella vicenda del belloccio Raffaele "Billy" Montella.

Di seguito riportiamo ampia parte della scena dell’arrivo trionfale dell’avvocato Costanzo presso il Tribunale di Salerno:


Alcune teste ai margini della grande folla si voltarono: chi era quel ragazzino che correva verso di loro? Che cosa stava urlando?
[...]

La folla si muoveva, la gente si dava spallate l’un con l’altro e lentamente molte altre teste si voltarono. Un bisbiglio, prima sommesso e poi costante, iniziò a diffondersi tra i cittadini di Rocca e Costa, accalcati davanti al tribunale: Ma davvero quel ragazzino ha detto così? Hai sentito! Possibile? [...]

Il bisbiglio divenne un borbottio contagioso, come il caffè che ribolle nella moka. C’era effettivamente un ragazzino in pantalocini e maglietta che correva verso di loro e sbracciava. Alcuni lo riconobbero come il figlio di una famiglia di contadini. [...]

'U Sindaco! 'U Sindaco! [...]

Due moto bianche scortavano un auto [...] sulla scocca si leggeva COMUNE DI COSTA PARADISO - POLIZIA MUNICIPALE. Una Volvo Blu scuro metallizzato le seguiva. Savio Liberti (il sindaco in carica) vide i vigili scendere dalle moto e restare sull’attenti. Ma che fanno? Che cazzo fanno quei deficienti? [...]

Quando la portiera dell’auto si aprì facendo scendere gli occupanti, scoppiò il finimondo. Le urla si levarono al cielo e fecero a gara con gli applausi. Cristian Pallante (assistente del sindaco in carica): Che cos’è questa pagliacciata? Coi vigili urbani del comune poi!

Vittorio gli sorrise. [...]

Che ci vuoi fare guagliò? Questi signori che tu chiami vigili, hanno lavorato con me per vent’anni. Mi hanno trovato per strada e abbiamo fatto un tratto insieme. Le persone delle prime file, le uniche a udire il battibecco, scoppiarono a ridere

(tratto da Nero Paradiso di Andrea Esposito, Graus Editore 2012)

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