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Ischia noir

Il Paese nasconde, romanzo d’esordio di Andrea Esposito

Il grandissimo Italo Calvino amava ripetere che la fantasia è un posto dove ci piove dentro.

Ebbene, nella testa del giovane scrittore foriano Andrea Esposito deve essere tuttora in corso un terribile temporale, qualcosa di simile al Diluvio universale di biblica memoria, tanto intricate, ricche di colpi di scena, sono le vicende che si susseguono nel bel romanzo d’esordio, Il Paese nasconde (Graus Editore, 2011). Che poi in questo caso il paese è Forio, dove Esposito da sempre vive e lavora, e verso il quale non ha mai fatto mistero del suo amore viscerale.

Ciò che colpisce di questo noir, al di là del fatto che è magnificamente scritto - in particolar modo per quell’attenzione al dettaglio che è sì propria del genere, ma che nel caso di Esposito è vera e propria “arte della descrizione”, oggi grandemente trascurata in letteratura - è che nessuno aveva mai raccontato Ischia nel modo in cui lo fa l’autore, svelando i tic, le contraddizioni dei protagonisti che si muovono idealmente sulla scena del romanzo, cui fa da contraltare la struggente bellezza dei luoghi, degli ambienti in cui essi vivono ed operano. Attenzione però: il contrasto non è mai portato alle sue estreme conseguenze; la lezione che se ne ricava non è quella di un “paradiso abitato da diavoli”, perchè, per dirla con le parole dell’autore nel romanzo “non ci sono i buoni contro i cattivi, il male è in mezzo a noi, a volte addirittura al nostro fianco”.

La seconda sorpresa è che i parametri, i canoni estetici cui tradizionalmente siamo abituati a far ricorso per interpretare bene e male, bello e brutto di una località turistica come Forio, qui sono completamente rovesciati: nella grettezza, nella meschinità, ma anche nella generosità degli abitanti non c’è niente di frugale, di semplice, da ricondurre con indulgenza ad un immaginario stile di vita mediterraneo: al contrario, tutto è terribilmente complicato, non decifrabile, se non alla fine. Anche la bellezza struggente dei luoghi non è quella delle immagini patinate ad uso e consumo turistico, ma va di preferenza ad ambientazioni notturne, invernali, gotiche, che solo un profondo conoscitore di Forio come Andrea Esposito poteva cogliere.

Per capire meglio questi aspetti è bene rivolgersi brevemente al vissuto dello scrittore, che è letteralmente divorato, è proprio il caso di dire, dalle due grandi passioni della lettura e della politica. Soprattutto la politica locale - e quel momento particolare della vita politica che sono le campagne elettorali, alle quali Esposito ha più volte partecipato da protagonista - è il “brodo di coltura”, l’ambiente, in cui Andrea Esposito ha affinato il suo sguardo obliquo, capace di scrutare le paure, le aspettative, anche quelle indicibili, delle persone con cui viene giornalmente a contatto chi fa vita pubblica.

La finzione letteraria diventa allora il dispositivo attraverso cui Esposito si emancipa, si ribella agli imperativi della “realpolitik”, alla rinuncia di qualsiasi possibilità di trasformazione del reale, restituendoci, con Il Paese nasconde, immagini potenti della sua meravigliosa terra e degli uomini e le donne che la abitano. Come il racconto, bellissimo, della Corsa dell’Angelo, la folcloristica processione pasquale che va in scena ogni anno per le strade del corso di Forio, che chiude il romanzo e che di seguito riportiamo per ampia parte:



Nel giorno di Pasqua, Forio è ancora più stracolma di gente: arrivano da Napoli e dalla Campania, si affollano su quel corso i residenti del paese e dell’isola intera, per vedere un momento religioso che ha qualcosa di affascinante in sè, oltre la fede. È un rito buono per tutto il popolo, che ha assistito a tanti riti malvagi negli ultimi mesi. [...]

La famosa Corsa dell’Angelo. Quando la via principale scoppia di gente, un gruppo di fedeli della più antica arciconfraternita del paese inizia a passare tra la folla aprendo un passaggio al centro. Dev’essere largo e loro non si risparmiano con colpetti di bastone alle caviglie del pubblico, sempre di corsa, per preparare ciò che deve accdere. Marco e Penelope sono su di un balcone, a casa del maresciallo Battaglia, e non si beccano botte negli stinchi. Senese è in piazza, in mezzo alla gente, affascinato.

D’improvviso si alza un boato: entra in scena una statua tutta d’oro, lanciata in avanti con in mano un ramoscello d’ulivo. È l’Angelo: annuncerà di lì a poco alla Madonna la resurrezione di suo Figlio. Naturalmente la grande statua dorata è portata a spalla da quattro o più persone, ma l’effetto è di quelli che tolgono il fiato. [...]

All’estremità opposte del corso ci sono altre due statue, in spalla ad altrettanti fedeli: da un lato Gesù e dall’altro la Madonna. L’Angelo lascia il Cristo e va verso la Vergine. Marco stringe forte Penelope a sè [...]

Si alza forte il canto Alleluia! mentre l’Angelo vola ancora verso Gesù, poi di nuovo ad annunciare la resurrezione alla Madonna. Finalmente la statua dorata riesce, con la sua corsa, a far avvicinare le altre due. Madre e Figlio si incontrano e la folla trattiene il fiato [...] Penelope stringe forte la mano di Marco che chiude la bocca e la guarda sorpreso. [...]

L’iimensa folla scoppia in un boato di gioia. [...] Il canto dei vecchi adesso è fortissimo, sono vere e proprie grida di gioia.

«Lo sai, io non credo a queste cose ma quello che ho visto stamattina...è stupendo!”» dice Marco. Poi si ferma a guardare Penelope, le volta il viso con una mano, dolcemente. Lei ha gli occhi pieni di lacrime. Guarda avanti, tentando di sorridere. Invece sta piangendo. Lui la asciuga con piccoli baci. Poi assieme applaudono forte e gettano una manciata di coriandoli dalla finestra.


(tratto da Il Paese nasconde di Andrea Esposito, Graus editore, 2011)

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